Esami del sangue e test antidroga sul lavoro: come funziona?
Non tutti sanno che molte importanti aziende, al fine di controllare lo stato di salute del lavoratore e il rendimento dello stesso, richiedono ai dipendenti di sottoporsi ad esami del sangue e test antidroga sul lavoro. Sebbene questa richiesta non sia poi così comune, negli ultimi tempi si è molto discusso del tema.
In particolare è emersa, dalle ricerche effettuate su Google, una grande preoccupazione legata alla violazione della privacy. La questione sfiora delle riflessioni molto complesse, che potremmo quasi dire definire di carattere etico: quanto è giusto – si chiedono i lavoratori dipendenti – invadere con così tanta facilità la privacy dell’individuo? Il datore di lavoro ha davvero il diritto di richiedere gli esami ematologici?
Nell’articolo che segue proveremo a sviscerare il nocciolo della questione e a fare un po’ di chiarezza.
Esami del sangue sul lavoro: come funziona?
In merito alla relazione tra violazione della privacy e richiesta degli esami del sangue sul posto di lavoro si sono interrogate un gran numero di persone. In realtà, quello che è emerso da una approfondita riflessione sul caso è che accertarsi della buona salute del lavoratore sia non solo diritto ma anche dovere del titolare dell’azienda.
Questo perché, oltre a dover essere certo di aver assunto una persona in grado compiere la mansione per la quale viene pagata, ad un datore di lavoro spetta anche il compito di garantire al dipendente salute e sicurezza.
Inoltre, non esistono presupposti che possano far pensare alla richiesta di esami ematologici come ad una violazione delle privacy, essendo i valori richiesti dei dati incapace di ledere la persona.
Esami del sangue e test antidroga sul lavoro: una distinzione utile
Occorre precisare che è sempre il medico del lavoro a stabilire quando e come prescrivere gli esami del sangue. Sul posto di lavoro possono essere richiesti, oltre questi ultimi, che prendono in analisi i valori standard ematologici, anche quelli per il drug test (esami del sangue tossicologico).
In quest’ultimo caso, i prelievi hanno come obiettivo la ricerca di sostanze psicotrope. La differenza è che a differenza dei primi, i prelievi tossicologici vengono richiesti dal medico solo quando il dipendente svolge mansioni pericolose, per le quali uno stato alterato della coscienza potrebbe metterne a serio rischio la sicurezza. La normativa dunque prevede la richiesta di drug test solo per alcune posizioni.
Cosa succede se si risulta positivi al test antidroga?
Una delle domande che maggiormente ricorrono quando si parla di drug test sul posto di lavoro: risultare positivi vuol dire perdere l’occupazione? Cosa accade una volta scoperta la positività?
Facciamo un po’ di chiarezza.
Quando il medico competente rivela una positività nel test antidroga a cui il lavoratore è stato sottoposto deve obbligatoriamente informare il datore di lavoro. Una volta ottenuta una conferma da parte dell’ASL, egli allora comunicherà l’esito del drug test all’azienda attraverso l’invio del Ser.T.
Che cos’è il Ser.T?
Il Ser.T. è una servizio messo a disposizione del sistema sanitario, che ha in questo caso l’obiettivo di rilasciare una specifica certificazione e stabilire se il lavoratore soffra o meno di dipendenza da sostanze stupefacenti. Questo servizio – il cui primo obiettivo è quella di portare il soggetto verso la riabilitazione – viene fornito dalla regioni e attraverso l’intervento di operatori professionali specializzati.
Il Ser.T, in via generale, prova ad introdurre la persona affetta da tossicodipendenza ad un percorso terapeutico adeguato. È compito degli operatori designare un programma specifico e monitorare il soggetto nel corso della riabilitazione fornendo sostegno clinico e psicologico.
Risultare positivi vuol dire perdere il posto di lavoro?
Se il lavoratore dovesse risultare effettivamente tossicodipendente, questo verrà sottoposto a delle analisi delle urine e ad una seconda visita medica. Il tutto avviene ovviamente in modo discreto e il soggetto potrà contare sull’anonimato. Il Ser.T infatti non è tenuto ad informare alcuna commissione dell’accaduto.
Ciononostante, davanti all’esito positivo di un drug test, il lavoratore sarà chiamato a sottoporsi a controlli a sorpresa. Solitamente in questi casi si incorre in una sospensione, che viene poi revocata solo quando le analisi riporteranno un esito negativo.
In alcuni casi, però, il rischio di perdere il lavoro è concreto, soprattutto per quei lavoratori dipendenti con un contratto a tempo determinato. Tutti gli accertamenti a cui la persona dovrà sottoporsi nel corso della sospensione saranno a spese del datore di lavoro.
La sospensione, ad ogni modo, è una conseguenza diretta e sicura della positività al test. Le indicazioni ministeriali, a tal proposito, sono molto chiare: la persona risultante positiva alla visita medica dovrà effettuare dei controlli con cadenza semestrale ed iniziare un percorso di cura.
Non è esclusa comunque la possibilità di reintegro una volta dimostrata l’avvenuta riabilitazione.
La privacy, durante tutto il processo sopraindicato, resta tutelata da una condizione di anonimato.